Come già precedentemente esposto si ribadisce con forza il concetto di un trattamento che vada oltre la guerra alle cellule tumorali ma che sia anche di supporto e palliativo.
E’ mandatorio avere come obiettivo terapeutico oltre al prolungamento della sopravvivenza del paziente anche la qualità della vita.
La strategia terapeutica va per tanto scelta oltre che sull’efficacia dei farmaci anche sui loro effetti collaterali e sulla capacità del paziente di reggere o meno tali terapie.
Alla terapia rivolta contro le cellule tumorali va associato anche il trattamento dei sintomi che si presentano come corollario di malattia o come effetti collaterali della terapia antitumorale.
Tutti i tumori in fase avanzata causano dolore e cachessia.
Di fondamentale importanza nella gestione del paziente oncologico sono dunque il supporto nutrizionale e la terapia del dolore.
La cachessia si manifesta negli stadi terminali di malattia e consiste in estrema magrezza con esaurimento fisico, astenia, debolezza, disfunzioni d’organo e notevole decadimento del performance status. Il paziente cachettico non è arroulabile per molti degli schemi terapeutici a disposizione il che complica molto la strategia terapeutica. La cachessia andrebbe prevenuta ed il supporto nutrizionale instaurato prima possibile.
Lo stato nutrizionale è in funzione degli introiti e delle perdite.
Gli introiti sono in funzione degli alimenti introdotti con la dieta e dell’integrità dell’apparato gastroenterico, le perdite sono in funzione del catabolismo.
Gli introiti nel paziente oncologico possono ridursi in seguito a paziente che non si alimenta e/o che non assorbe gli alimenti; ad esempio molto spesso anche in conseguenza degli effetti collaterali della terapia sono pazienti diarroici e la diarrea causa malassorbimento e malnutrizione.
Le perdite nel paziente oncologico aumentano in relazione sia all’attività tumorale che alla terapia:
alcuni fattori sia esogeni che endogeni quali ormoni (cortisolo, glucanone, catecolamine etc.) e citochine (TNF, IL-1, Il-6) influiscono sull’utilizzazione dei substrati metabolici determinando alterazioni metaboliche con proteolisi muscolare e carenza di proteine sia circolari che viscerali.
Il primo parametro da valutare è il peso: oltre al peso in termini assoluti è importante anche la stabilità del peso (peso abituale) e dunque la variazione del peso: un paziente obeso che perde 20 chili in in 2 mesi anche se il suo peso si mantiene al di sopra della norma è avviato verso la malnutrizione!
Ovviamente la bilancia da sola non è sufficiente il peso va rapportato anche ad altre caratteristiche: ad esempio un pensionato alto 1.60 m. che pesa 100kg è ovviamente una condizione differente rispetto a 2 metri di pugile professionista!
Per la valutazione dello stato nutrizionale il BMI (indice di massa corporea) che pone in relazione altezza e peso è molto più accurato della bilancia!
Per la valutazione del rapporto massa grassa e massa magra si utilizzano
misurazione delle circonferenze; plicometria (valutazione della massa magra a mezzo di misurazione delle pliche cutanee), test di valutazione della forza muscolare; bioimpendenzometria (la corrente passa a velocità diversa nel tessuto muscolare de in quello adiposo).
Alle misurazioni fisiche vanno ovviamente affiancate le misurazioni biochimiche (analisi) ed il calcolo della spesa energetica.
Il modo migliore per valutare la spesa energetica è la calorimetria indiretta, procedura basata sull’O2 assunto e consumato; è un calcolo molto lungo è complesso per sapere di quante calorie il paziente necessita.
Una formula più semplice e rapida per calcolare fabbisogni calorici consiste nel moltiplicare il peso del paziente per 20 o 35 kcal. Se il paziente è in stato catabolico minimo (as. allettato) il peso si moltiplica per 20; se il paziente è attivo il peso si moltiplica fino a 35 cal.
Le calorie vanno somministrate sottoforma di macronutrienti: carboidrati, lipidi, e proteine.
Una volta calcolato il bisogno calorico bisogna soddisfarlo con il 70% delle calorie sotto forma di carboidrati (1gr di carboidrati fornisce 4 kcal) ed il 30% sotto forma di grassi (1gr di lipidi fornisce 9 kcal).
Le proteine da somministrare sono in genere indipendenti dal fabbisogno di calorie; il fabbisogno proteico è in genere calcolato come 1 gr di proteine per ogni Kg di peso corporeo.
La terapia nutrizionale se l’intestino è accessibile (il sondino nasograstrico riesce ad arrivare e l’intestino è in grado di assorbire) si utilizza la nutrizione entrale.
Se il paziente è in grado di alimentarsi da solo e non ha problemi di assorbimento dei nutrienti gli si fa la “dieta” e assume gli alimenti necessari per bocca. In alternativa si usano la nutrizione entrale o parenterale.
Se l’intestino non è accessibile si utilizza la via parenterale usando come via di accesso una vena centrale (le vene periferiche non reggono e si rimpono); poiché i pazienti oncologici che necessita di nutrizione parenterale sono pazienti generalmente sotto chemioterapia sistemica si può utilizzare lo stesso port inserito per la chemio.